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Mente emozionale

Mente emozionale

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Freud chiamava processo primario il profondo legato alle dinamiche dell’inconscio con il linguaggio che è tipico della metafora, del mito, dell’arte: ciò consente una disposizione nuova, addirittura una restituzione verbale degli eventi, come ci descrivono molti trattati di neuropsichiatria infantile.

In generale la mente emozionale con il suo carattere pratico ha un profilo più agile rispetto alla mente razionale, ha un profilo adattivo più forte, ci consente con la sua immediatezza operazioni di tutela di fronte ai pericoli e, soprattutto, ha un carattere sintagmatico. Quei contenuti associativi richiamati attraverso il percettivo iconico, sonoro, mnemonico, equivalgono alla stessa realtà. Basti pensare ai riti e alle religioni che dal punto di vista razionale hanno poco rilievo semantico.

La mente emozionale è anche, come direbbe Goleman, autovalidante e non sperimentale cosa che invece caratterizza la natura della mente razionale, considera vere cioè le proprie convinzioni fino al punto di non poterle socializzare.

Questa caratterizzazione del mondo emozionale così differente dal quadro logico formale al punto di essere difficilmente tradotta dal linguaggio verbale, richiede una attenta osservazione e una disposizione che non sia prassi preconfezionata, giacché tanto più ci si avvicina a una relazione terapeutica autentica (nel senso di syn– pathos) tanto più elementari e parziali saranno le risposte pulsionali. Sarà appunto confusiva agli occhi semantici della ragione ma significativamente terapeutica nella misura in cui gli scarti imprecisi parziali della sintonizzazione emotiva e affettiva ci conducano in un percorso di evoluzione e cambiamento attraverso l’espressione della creatività.

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